lunedì 18 marzo 2013

Antonio Rezza, monotipo indivisibile

Il potere sta nel sopravvivere a chi muore. Noi siamo pronti a regnare. Bisognerebbe morire appena un po’ di più. [Antonio Rezza]




Paralizzante! Mi chiedi come è stato lo spettacolo, e io che dovrei dirti? Bello? Magnifico? Originale? No, niente di tutto questo. Non basta, non rende. So solo che ho tirato le madonne a quelli che ridevano e applaudivano di continuo, perché c’era da applaudire e da ridere di continuo. Tiravo le madonne perché volevo godere. Ecco, volevo godere Antonio Rezza in ogni sua espressione, in ogni suo silenzio, in ogni sua parola, in ogni suo verso, in ogni sua contrazione muscolare da teatro ginnico. In silenzio, come le madonne che ho tirato. Ma poi era impossibile stare in silenzio e non ridere, che era troppo. Come è impossibile descrivere lo spettacolo dicendolo strepitoso, superbo, incomparabile. No, muscolare ecco. Per contenerlo tutto bisogna contrarre il diaframma, allargare i polmoni, si rischia un’embolia perché sono più di novanta minuti d’apnea. Non hai tempo per respirare, per battere le ciglia, per pensare, devi solo prendere un respirone e lasciarti sommergere, ma a bocca aperta, come i neonati. Antonio ti lascia a bocca spalancata e occhi strabuzzati, come un baccalà. No, non basta dire che è più bravo, più intelligente, più migliore migliorissimo. È Antonio, è altro, è altrove, è sudore e affanno, ti sfianca il cervello almeno quanto lui si sfianca sul palco. Finisce lo spettacolo, lui in debito d’ossigeno poiché non si risparmia, io in debito di gratitudine, che il risparmio l’ho già ottenuto grazie all’amica mia (grazie mamma di Telemaco detto Telematto) che ha scovato l’offerta dei coupon con i biglietti scontati. Paralizzante, ecco sì, paralizzante. Ti azzanna alla giugulare e ti tiene inchiodato in estasi. Devi andarlo a vedere insomma, non posso descrivertelo. Non te le posso descrivere le architetture in biotessuto teatrale di Flavia Mastrella. Se fossi in grado di descrivertele non sarei qua ma sarei là. Vuoi sapere cosa fa, di che parla lo spettacolo. Beh, ci sta Luisa che fa la parte di sua sorella la quale imita l’altro mentre lui finge di essere Luisa col berretto di Luisa, poi alla fine vanno tutti a incularsi i cavalli mentre ne mangiano la testa. E c’è Peppe con l’ansia che quando Peppe era piccolo lo aspettava da grande e attendeva senz’ansia che solo l’ansia non ha ansie a questo mondo di polizia e genitori apprensivi, Peppe. Ci sta Ivan Bellavista che per quanto sia bravo non può sdoppiarsi e i fratelli Karamazov rimane uno, che continua a tormentarsi che Antonio gli mette in bocca le parole epperò anche tu sarai curioso!, perché te le lasci mettere in bocca, tienila ferma quella mandibola no?! Mariomariomario va a farsi rinchiudere fino in via Cenisio e tutti ad applaudire ma ce ne fosse uno che vada ad aiutarlo, oh, sta messo più esasperato di Fratello Kraus. Intanto quel sognatore di Scott continua a domandarsi se esista ancora la spensieratezza mentre qua stiamo messi che i morti si mangiano i bambini. O forse se li inculano, boh, non ricordo. Comunque i bambini se la passano male come i cavalli, questo è certo. Eh, addirittura?! Sì, addirittura! Zoppozoppozoppozoppo! ma come faccio a parlare zoppozoppozoppozoppo! con il Padre del più grande funambolo della storia (cit.) se continui a dire zoppozoppozoppozoppo!? Fratto_X perché se prendi il malato sopra il materasso già si sa che ci sta un altro malato nascosto sotto il materasso, quindi si elidono. Muori subito Timoty che la spensieratezza è meglio stroncarla sul nascere. Che qua di questi tempi ci sta chi ha la parte giusta in esclusiva e quelli democratici che uno vale uno, ma se uno vale ‘ncazzo poi pure l’altro uno sotto vale fratto ‘ncazzo. Che bello che è Antonio, monotipico irreplicabile se stesso che vale quel che l’è, che magari s'infratta con Mariomariomariomariomario ma non è frattabile manco dentro uno sgabuzzino, oh uno fosse uno che andasse ad aprire. Gli voglio bene uguale pure se una volta, che avevo preso il tris di spettacoli sempre all’Out Off dove sta ora, prima dello spettacolo proiettava sempre lo stesso corto dei Troppolitani, non mi ricordo più quale, e allora gli domando Ma Antonio, scusa eh, con tutti i corti belli che hai fatto, minchiazza non potevi proiettarne uno diverso per ognuna delle tre serate che io ciò l’abbonamento a tutti e tre gli spettacoli e mi tocca sciropparmi sempre lo stesso? E lui, che ha il cuore grosso color fegato di carogna mi chiede il nome e poi parla alla Regia: Regia, avete appuntato il nome del signore? Bene, ci assicuriamo che ogni volta che torna anche i prossimi anni le sere che ci sta lui proiettiamo sempre lo stesso filmato di questa sera. Ottimo, questione risolta. Adorabile carognone d’un Mastro Rezza. L’ho amato ancor di più. Basta, mica possiamo salvare l’umanità qua, se non avete capito che bisogna andare a vederlo, inutile insistere. Ora sta finendo a Milano, poi va a Napoli poi a Civitavecchia e così via. Oh, se dovesse finire a Cascia e andate a vederlo a Cascia, se incontrate Rita per strada e le chiedete indicazioni per il teatro, non è che dovete chiamarla Rita da Cascia, o chiederle se è di Cascia. Se sta lì per forza è da Cascia! No Scott, anche la speranza è morta.

La polizia vi aspetta a teatro senno vi viene proprio a prendere a casa (A.R.)


Fatevi invadere dal bisogno fisiologico di abbeverarvi alle geniali menti di Antonio Rezza e Flavia Mastrella

Flavia, Ivan, Timoty, Antonio, grazie all'infinito senza denominatore.
Ah, Timoty Granger è quello più carino di tutta la masnada, questo sì! Va detto.

(se non avete cliccato sui link dentro il testo, fate i bravi, rifate da capo e cliccateci dentro, uno per uno, non vale, per uno, che ognuno è ineguagliabilmente diversamente unico. Mica per fare un favore a me, per farvi del bene a voi, che ci sta Antonio e ci sta pure supercalifragilistichespiralidosamente Flavia)

K.

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