mercoledì 20 giugno 2012

Natura intima delle cose

Stasera ho recuperato una piccola tessera di quel mosaico dal titolo Natura intima delle cose. Davvero piccolo, ma sempre meglio di niente. Troppe volte perdiamo il contatto con la genesi delle meccaniche elementari, dei passaggi realizzativi. Perdiamo letteralmente di vista le albe e i tramonti, specialmente in città si perde il contatto con la concretezza dei bisogni quotidiani, si dimentica che la verdura cresce nell'orto, che si dissoda, si semina, si annaffia, si accudisce, eccetera eccetera eccetera.
Il latte si munge dalla mucca che viene sfamata con l'erba fresca falciata d'estate, mentre quella in eccedenza viene fatta seccare al sole, poi fatta su a covoni perché un'eventuale pioggia non faccia marcire il fieno, quindi stipato nel fienile, per finire in pasto alle vacche nei mesi invernali. Eccetera, eccetera, eccetera. Alle viti si tagliano i pampini che tolgono nutrimento ai grappoli, si spruzza il verderame, si portano secchiate d'acqua, si vendemmia, si pigia, si mette il mosto a fermentare, e poi sotto le botti si getta l'acqua fredda sul pavimento nei mesi caldi perché il vino non soffra. Eccetera, eccetera, eccetera. Tutte queste cose e molte altre le ho viste fare dagli zii in campagna. Godevo letteralmente ogni volta che potevo aiutarli: a dissodare le patate, a raccogliere i fagioli, a girare l'erba per farla abbronzare, a fare i covoni, a rastrellare, a dar da mangiare alle galline e ai conigli, a tirare il carretto colmo di fieno, a bagnare l'orto, a spaccare la legna, a spingere la carriola, ad accendere il fuoco, a portare il latte al caseificio, a raccogliere fichi e ciliegie. Eppure tutte queste manualità, dopo tanto tempo, riesco a malapena a raccontarle. Perdiamo un patrimonio immenso con la tecnologia. Non faccio certo come quell'idiota di Cutugno che voleva andare a vivere in campagna, ma non so quanto sarebbe durato ad alzarsi alle cinque del mattino per mungere la mucca, e ammazzarsi di fatica per cavare dalla terra di che campare e poco più. Però siamo davvero orfani di tutto ciò. Almeno in città, intendo dire. Ormai nemmeno le mucche sanno più cosa sia una stalla con un vecchietto chino, alla luce della lanterna nel buio che precede l'aurora, che gli strizza amorevolmente le mammelle. La verdura cresce in serra e matura durante il viaggio verso i supermercati. Il fieno cede il posto a mangimi con farina di pesce. Forse il vino, nei vigneti, ancora un poco si salva (Col Longone, azienda sul colle di fronte alla nostra vecchia casa dei nonni). Però, qualche anno fa ho scoperto il piacere di fare il pane integrale in casa, delle belle pagnotte che ricevono meritati complimenti, estranee a qualsiasi macchina impastatrice che non sia il mio piacere di lavorar di palmo e di polso. E stasera, ho aggiunto un piccolo tassello, un piccolo sacco di sabbia della materialità delle cose, a rinforzare un fragile argine per contrastare l'aggressione di un mare minaccioso e spesso in burrasca, sempre più digitale e sempre meno manuale. Ho tirato fuori dall'armadio il vecchio macinino elettrico di mia nonna (la zia di mia mamma, per l'esattezza), ci ho versato i chicchi dentro dopo averne annusato l'aroma, l'ho macinato, e mi sono fatto il caffè. Dal chicco alla tazzina, senza intermediari. E me lo sono bevuto soddisfatto, sapeva più di caffè. Mentre lo raccoglievo a cucchiaini dal macinino, come un flash, la mente è andata a un ricordo che dormiva da decenni. Mi sono ricordato di quando lo macinavo col macinino a manovella, di legno, aprivo il cassettino e riempivo il filtro. Ce li ho ancora i due macinini, in bella vista sopra la tv. Mi sa che proverò anche quelli, per il piacere di un momento muscolare e meccanico, senza bisogno di elettricità. Di una cosa, ora che ci penso, mi rammarico molto. Non potrò mai avere nostalgia di come mungevo le mucche, perché, stupidamente, non ho mai preso in mano le mammelle di Colomba per giocare a fare gli schizzi nel bandon (secchio del latte). Stavo incantato a guardare mio zio che ci giocava come con una pistola ad acqua, mentre la bestiona ruminava placida e contenta di venire alleggerita. Sempre mancato il coraggio di chiedere di provare. Mi sono lasciato sfuggire l'occasione di un'esperienza più unica che rara. Poi chissà che figata un caffè appena macinato, macchiato caldo, nella stalla. Mai provato da bambino a mungere latte caldo. Mai toccata una mammella a Colomba io! E le ho avute lì a portata di mano per anni. Dannata pudicizia dei miei coglioni! Sempre stato timido con le femmine, vacche o mica vacche.

K.

12 commenti:

  1. "Dannata pudicizia dei miei coglioni! Sempre stato timido con le femmine, vacche o mica vacche."

    Novantadue minuti di applausi (cit.)

    RispondiElimina
  2. Capolavoro! Val bene un captcha in sanscrito.

    RispondiElimina
  3. Che magnifico post!
    Ancora una volta devo ringraziarti per avermi fatto riaffiorare tanti ricordi.
    Ho anche io il macinino del caffè a mano, e mi dispiace di non aver avuto l'accortezza di conservare quell'attrezzo che si usava per tostare i chicchi, ricordo nonna che l'adoperava con molta cura, su un fuoco dolce, per dorare i chicchi di caffè che i parenti venuti dal Brasile le regalavano.
    In campagna vivo ancora e il miracolo della terra arata e seminata per poi raccogliere i frutti lo vedo in ogni stagione.
    Su una cosa ti ho battuto io da piccola la mucca l'ho munta, nella stalla dei nonni ce n' erano due nerina e rossella, nerina era la più nervosetta così nonna mi lasciava mungere solo rossella.
    Dio che sapore la schiuma di latte appena munta, ci infilavo le dita e leccavo dal secchio, incredibile anche perchè allora come ora non bevo latte!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma che eri?! L'Heidi calabra? :)
      Ti invidio la schiuma, e magari pure i baffi.

      Elimina
  4. Oh, ma allora tu sei anziano! Mi ricordo io poco più di venticinque anni fa una visita a un contadino tra Desio e Paderno Dugnano, che tutto fiero mi mostrava la sua schiera di mucche. Quando era ora andavano da sole a farsi mungere alla macchina: come fanno a saperlo? Eh, lo sanno, lo sanno. E ventose, tubi, cisterne: il latte non tocca mai l'aria! mi diceva col dito alzato, qui è tutto sterile. E davvero era tutto pulitissimo che quasi non si sentiva nemmeno la puzza.
    (Bel pezzo, grazie per la nostalgia...)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Signora, glielo dico con malcelato orgoglio... il latte che produciamo non sa nemmmeno cosa sia una mammella! È ottimo caldo a colazione, con lo sciroppo di menta fresco a merenda e dà il meglio di sé per eliminare il calcare dai sanitari.

      Elimina
    2. "dà il meglio di sé per eliminare il calcare dai sanitari" LOL :D

      Elimina
  5. Bere l'uovo
    appena uscito
    dal culo
    della gallina.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ehm, anche quello no, mai fatto, senza rimpianti in questo caso. Mai andato in cerca di uova. Mediamente mi sa che le mangio una volta al mese.

      Elimina
    2. Accidenti Giovanni, nonna mi ha cresciuta a zabaione, l'uovo quasi glielo strappavo dal culo a quelle povere galline!
      E sai perchè? Mi piaceva la marsala con cui nonna mi correggeva l'intruglio!

      Elimina
    3. Ah giusto! Un'aggiunta: berle no, mangiarle senza troppo trasporto, ma stressare continuamente le galline per vedere se avevano deposto l'uovo, quello sì! Trovare l'uovo nella paglia sotto la gallina equivaleva a trovare la sorpresa kinder dentro l'ovetto.
      mmm... con la mia competenza, mi sa che qualche volta ho rotto le balle pure al gallo che sonnecchiava.

      Elimina
    4. Se non cantava come facevi a riconoscerlo? Quegli essere le palle l'hanno mica di fuori come i cani, per cui...
      Ah ah ah

      Elimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.