Giuliano Pisapia è il nuovo sindaco di Milano.
Ha vinto con un sorriso sereno e pacato, parlando con tono di voce udibile da chiunque voglia ascoltare, sillabando parole tranquille quanto le sue pupille.
E mentre il signor Eolo viene informato dall’ufficio stampa del PD che adesso anche lui non fa più parte dell’oligarchia dell’Olimpo, io ne prendo atto e dalla finestra della diretta del TgLa7 inalo a pieni polmoni aria fresca e pulita.
Il vento è cambiato! Se avessi aperto le finestre di casa, magari la qualità dell’aria auspicherebbe un vento costante più che variabile, per contrastare l’inquinamento.
Ma affacciato alla finestra de La7, nella rosa politica dei venti, devo sapermi accontentare di un Eolo politicamente filoriformista, moralizzatore, innovatore.
Epperò sto respirando profondamente da pochi minuti e sento che nell’aria c’è un sentore non del tutto gradevole.
Sul palco di piazza Duomo c’è un tale che sbraita odio trattenuto, sputacchiando un poco, con l’ormai nota esse sbiascicata da gatto silvestro. Ed è tutto infervorato, tutto intento, incazzato e rabbioso come Borghezio, a offendere Borghezio.
Pisapia ha vinto eppure lì c’è lui a cantarle alla Lega, a proclamare che è arrivato lui da Bari ad espugnare Milano. E io che non voto Lega comincio a domandarmi che cazzo voglia questo pugliese.
Fammi capire, fratello Silvestro, noi Milanesi ci siamo liberati da noi oppure dobbiamo darne merito a te che sei arrivato dalla Puglia a buttarlo in culo al Nano Arkoriano e cricca annessa?
Ti chiamo fratello, perché subito dopo attacchi a elargire abbracci a destra e a manca, alle nostre sorelle rom e ai fratelli musulmani.
Se sono parenti tuoi, abbracciateli, portateli in casa, magari anche a letto, cazzi tuoi letteralmente.
Io di sorelle non ne ho proprio, né col velo sulla faccia né col foulard in testa, né con la croce al petto.
Di fratello invece ne ho uno, uscito dallo stesso buco dove sono passato io sette anni prima di lui; io mio fratello se mi va lo abbraccio, e con tanta gioia. E se ci litigo lo mando a fare in culo anche se è mio fratello.
Poi ho anche pochi, sinceri amici, con i quali non serve abbracciarsi per andare d’accordo.
È bello dare alle parole il significato che hanno: fratello per me ha un significato uterino.
Se volessi chiamare tutti fratelli, andrei a farmi francescano, ma siccome da sbattezzato stimo alla stessa maniera cattolici e musulmani, io non sono né fratello tuo né dei tuoi fratelli rom né delle tue sorelle musulmane.
Tu a me hai già scassato la minchia non poco, caro Nichi, con la tua favella da pesciVendola della politica, piena di virtuosismi poetici e neolinguistici.
Per me esistono soltanto tanti esseri umani, arricchiti nelle loro diversità, di orientamento religioso, politico, artistico e sessuale e chi più ne ha più ne metta. E se voglio li abbraccio ma non li reputo tutti buoni e fraterni a prescindere. Perché il tuo si chiama razzismo al contrario, ovvero qualunquismo, un credo pernicioso quanto il culto merdusconiano dell'individualismo.
La politica deve esser fatta di fatti. Io ho votato Pisapia e mi aspetto che con tanta moderazione abbia parlato e con tanta determinazione agisca. Non ho votato Nichi Lancillotto dal Tavoliere, che accorre a liberarci trafelato con impeccabile camicia bianca e orecchino a sinistra, con un look che fa tanto Pulce e Poiana.
Un mio amico abita in zona Imbonati. Lui è di quelli che ora temono kebabbari e centri sociali al potere. E io lo prendo in giro dicendogli che, vista la sua zona di residenza ad alta presenza araba, lui al peggio è già pronto da anni, male che vada in futuro si sentirà come fosse nel proprio quartiere in ogni zona della città.
Lui ed io abbiamo votato differentemente, ma noi due se ci va ci abbracciamo in amicizia, perché non siamo fratelli (io conosco mia madre e se lui garantisce per la sua, “fratelli” non lo siamo proprio). Magari un poco figli di puttana, ma solo all'occorrenza.
A lui stanno sul culo quegli islamici che trattano con inferiorità le donne e pure quegli zingari che vivono di scippi. E a me pure.
Io ho votato Pisapia perché credo nell’integrazione delle diversità, nei valori del sociale anteposti a quelli del soldo, nell’aiuto dei più deboli in barba ad egoismi di minoranze privilegiate.
Non l’ho votato perché salisse sul palco un koglione con lessico belligerante impanato di poetici retorismi (di infausta, bertinottiana memoria e - ahimè - veltroniana attualità).
Ho votato Pisapia perché vinca la sfida, con prosaici, silenziosi fatti amministrativi, di dimostrare che Etica, Diversità, Morale, Integrazione, Onestà, Politica, non sono solo parolacce utopiche.
E se Pisapia mi deluderà, manderò al diavolo anche lui, sua madre, i suoi fratelli, le sue sorelle, e tutto il parentado, perché la pazienza, dopo lustri di dittatura arkoriana, è sotto la suola delle scarpe.
E se Pisapia mi deluderà, manderò al diavolo anche lui, sua madre, i suoi fratelli, le sue sorelle, e tutto il parentado, perché la pazienza, dopo lustri di dittatura arkoriana, è sotto la suola delle scarpe.
Romeni, rom, extracomunitari per bene, non ho bisogno di chiamarli fratelli, faccio già fatica a distinguerli in romeni ed extracomunitari, li reputo componenti della società civile tali e quali a me. O io tale e quale a loro.
Dalla bocca di Eolo è volata fuori una farfalla di nome Giuliano, e ci vorrà poco a capire se regredirà allo stadio di bruco o se diventerà un magnifico esemplare di sindaco.
Peccato che, proprio nel giorno della vittoria, dal culo di Eolo sia scappata anche una flatulenza.
Fraterna, si intende.
K.
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