Mentre l’acqua va incontro al proprio inesorabile, turbolento destino, mi dedico alla radice di zenzero. La estraggo dal frigorifero e, sopra
un piccolo tagliere, ne taglio alcune fettine. A questo punto a qualcuno
potrebbe ronzare la fatidica e noiosa domanda “Ma quanto ce ne vuole?”. Grazie
per la domanda: io non ho dosi, manco quando faccio la pagnotta integrale, vado a occhio. Nel
peggiore dei casi uno si intossica o corre in bagno a vomitare o a gettare nel
water l’esito dell’esperimento. Mica muore nessuno, se non il diretto
interessato, il quale è consapevole del rischio cui si espone, perciò, come
dicevo, no hay problema.
Impariamo a fare tesoro dell’esperienza, ogniqualvolta
riusciamo a sopravviverle.
Con un coltellino raschio via la
pellicina che contorna le fette di zenzero. Fatto ciò, taglio in almeno quattro pezzetti ogni fettina. Si può anche tagliarle dopo
averle impilate sovrapposte, per guadagnare preziosi secondi, poiché l’acqua
sta sempre sulla fiammeggiante, rovente graticola. Prendo lo spremiaglio e spremo i pezzetti di radice, stando
sopra la tazza col leone, precedentemente utilizzata. In questo modo la parte
liquida della radice viene spremuta a freddo e sgocciola nella tazza. Se fa
bene a quella delle olive, suppongo che la spremitura a freddo faccia bene
anche alle proprietà organolettico-nutritivo-terapeutico-salutistiche della
radice di zenzero. O almeno a me piace pensarlo, e anche la positività di una
eventuale illusione cognitiva ha di per sé indiscusse, benefiche ripercussioni
psichiche.
È importante precisare, che spesso, affiancata alla tazza col leone, ci sta pure quella con la scimmietta rossa, a volte addirittura anche quella con la leonessa maculata di cuoricini. Questo non accade tanto le rare occasioni che devo farne per altre due persone, quanto le frequenti volte in cui preparo abbondante decotto: una tazza la gusterò subito calda, la scimmia (nel caso anche la leonessa) le lascerò raffreddare, pronte per essere riscaldate a temperatura ottimale con unopuntotrenta secondi di microonde. Del resto non è necessario che le tre tazze sappiano i diversi tempi che il destino ha in serbo per loro, nell'appuntamento col mio stomaco. Per ora ad esse basta sapere che nella migliore egual misura spetta a ciascuna un tot di gocce spremute a freddo e un abbondante cucchiaino di miele. Sarà poi la sorte a esprimere diversamente i talenti delle iniziali identiche capacità potenziali: per le incolpevoli tazze dipende dal fortuito caso di un'effigie d'animale, per i cuccioli degli umani dipende dal nascere ugualmente capaci ma diversamente avvantaggiati. Tazze e infanti comunque con la dea bendata a far da balia: figli d'operaio infreddoliti riscaldati al microonde, figli di notaio predestinati alla calda fiamma della facile ribalta sociale. Io, che almeno per le tazze posso dispensare fortuna e gloria, tendo a favorire il mio adorato leone, ma a volte concedo il sovvertimento delle gerarchie sociali, vuoi alla scimmietta, vuoi alla leonessa. Che anche le due reiette, di tanto in tanto, si godano la prima mescita regale; che anch'esse provino l'emozione fumante del riscatto sociale; che sorseggino caldi i propri sogni, prima che l'entusiasmo si raffreddi.
È importante precisare, che spesso, affiancata alla tazza col leone, ci sta pure quella con la scimmietta rossa, a volte addirittura anche quella con la leonessa maculata di cuoricini. Questo non accade tanto le rare occasioni che devo farne per altre due persone, quanto le frequenti volte in cui preparo abbondante decotto: una tazza la gusterò subito calda, la scimmia (nel caso anche la leonessa) le lascerò raffreddare, pronte per essere riscaldate a temperatura ottimale con unopuntotrenta secondi di microonde. Del resto non è necessario che le tre tazze sappiano i diversi tempi che il destino ha in serbo per loro, nell'appuntamento col mio stomaco. Per ora ad esse basta sapere che nella migliore egual misura spetta a ciascuna un tot di gocce spremute a freddo e un abbondante cucchiaino di miele. Sarà poi la sorte a esprimere diversamente i talenti delle iniziali identiche capacità potenziali: per le incolpevoli tazze dipende dal fortuito caso di un'effigie d'animale, per i cuccioli degli umani dipende dal nascere ugualmente capaci ma diversamente avvantaggiati. Tazze e infanti comunque con la dea bendata a far da balia: figli d'operaio infreddoliti riscaldati al microonde, figli di notaio predestinati alla calda fiamma della facile ribalta sociale. Io, che almeno per le tazze posso dispensare fortuna e gloria, tendo a favorire il mio adorato leone, ma a volte concedo il sovvertimento delle gerarchie sociali, vuoi alla scimmietta, vuoi alla leonessa. Che anche le due reiette, di tanto in tanto, si godano la prima mescita regale; che anch'esse provino l'emozione fumante del riscatto sociale; che sorseggino caldi i propri sogni, prima che l'entusiasmo si raffreddi.
Esempio di tazza fighetta bancario-notarile. Diffidate dell'estetica d'apparenza immacolata di certi colletti bianchi. Sono gli stessi che poi ti fottono con i derivati zen sui mercati asiatici. Nel dubbio, scegliete sempre tazze rustiche con disegni d'animali o altro. Di orientale c'è già l'origine dello zenzero: basta e avanza. |
L’acqua nel frattempo è giunta a guardare negli occhi il
proprio inferno sublimante: è la bollitura. Prendo i pezzetti di radice spremuti e li getto nel
pentolino. A questo punto, con accortezza che nulla ha da invidiare a quella
esibita dal signor Scott nel regolare la pressione in sala macchine dell’Enterprise,
con mano sensibilissima e movimenti impercettibili, regolo la levetta del gas,
in modo che l’erogazione alimenti una fiammella congeniale a mantenere l’emissione
di bollicine al minimo livello, tale da poter esclamare senza tema di smentita: “Eppur
si bolle!”. Come termine naturale di riferimento, vi direi di visualizzare
mentalmente le pozze d’acqua bollente intorno ai geyser islandesi, ma siccome
non ci sono stato, preferisco suggerirvi di ritenere soddisfacente la
peppiatura zenzerica allorché vi ricordi il caratteristico borbottio delle
pozze di fango termale della Solfatara di Pozzuoli; qua ci sono stato.
A un moderato regime di bollitura, lo zenzero non si stressa, subendo comunque l’effetto estrattivo della bollitura, mentre l’acqua si consuma il minimo indispensabile, cedendo avaramente solo qualche vapore al regno gassoso. Lascio così bollire per cinque minuti, ma se si vuole si può anche procrastinare. Mentre il decotto bolle, verso nella tazza (come già anticipato pocanzi nell'excursus sulle aspirazioni sociali delle tazze) un cucchiaino colmo di miele. All’inesorabile trascorrere del tempo desiderato, spengo la fiamma, mi munisco di colino, verso il decotto nella tazza. I pezzetti di radice, oramai ammorbiditi, li rovescio sul tagliere. Quindi li rimetto nello spremiaglio, strizzandoli sopra la tazza. Così non va sprecato nemmeno una goccia di decotto.
Ora il decotto è pronto: una vorticosa rimescolata col
cucchiaino scioglie il miele. In verità non è che il sapore del miele si senta
molto, ma aiuta ad ammorbidire la sensazione di piccante dello zenzero, la
quale, a sua volta, non è per niente esagerata. Anzi, la bevanda dona una
piacevolissima e caratteristica sensazione di pepato corroborante, che pizzica
la gola (con quel gradevole effetto di “accennato bruciacchiamento disinfettante” nella parte profonda della bocca, là dove il palato cede il passo alla faringe per più oscure imprese).
L'eventuale tazza paria di turno, la ripongo sul mobiletto, vicino al macinino del caffè, avendo cura di coprirla, affinché non si disperda l'aroma, con il fenomenale coperchietto in silicone tescoma (io ho quello più piccino, di colore arancione: pochi euro spesi davvero bene). Per inciso: in caso di tisane o infusi, lo stesso coperchietto lo utilizzo per coprire il pentolino durante l'infusione a fiamma spenta.
A questo punto, con un tempo di preparazione inferiore a quello impiegato a leggere questo post (tra i sette e i dieci minuti), il decotto di zenzero è pronto da gustare. Potete berlo da solo durante la giornata, o accompagnarlo a ciò che vi aggrada, per colazione.
L'eventuale tazza paria di turno, la ripongo sul mobiletto, vicino al macinino del caffè, avendo cura di coprirla, affinché non si disperda l'aroma, con il fenomenale coperchietto in silicone tescoma (io ho quello più piccino, di colore arancione: pochi euro spesi davvero bene). Per inciso: in caso di tisane o infusi, lo stesso coperchietto lo utilizzo per coprire il pentolino durante l'infusione a fiamma spenta.
A questo punto, con un tempo di preparazione inferiore a quello impiegato a leggere questo post (tra i sette e i dieci minuti), il decotto di zenzero è pronto da gustare. Potete berlo da solo durante la giornata, o accompagnarlo a ciò che vi aggrada, per colazione.
Queneau dello zenzero
RispondiEliminalo "zenzero estratto dal frigo" è semplice ma secondo me la migliore boutade
anche quella sull'illusione cognitiva può trovare una cornice per appendersi, ma la didascalia ai piedi della foto merita una riflessione zen-zero coupon
non cito "per più oscure imprese" perché vietata ai minori
Eh, magari!
EliminaLa descrizione del berretto del padrone del Bar Biturico è da antologia.
Ciao, grazie.
Ciao, che strano mi mancava leggerti.
RispondiEliminaOggi qui piove e fa freddo, mi è venuto in mente questo post, ma non ho lo zenzero, mi avrebbe scaldato, invece temo che fra poco dovrò ricorrere alla borsa elettrica dell'acqua calda made in china.
E poi ti dico una cosa in pubblico che cavolo combini ti sei ritirato in un eremo in cui svernare?
Questa crisi da blogger perchè te la sei fatta venire quando avevo iniziato a deliziarmi dei tuoi racconti logorroici?
Non ci posso credere oramai parli solo di pane e di decotti, dov'è finito tutto il resto?
In ogni caso lo so, non sono affari miei, do per scontato che se non hai voglia di venire qua ad imbrattare il foglio-monitor, è un tuo diritto, però sappi che è un tradimento verso le persone che avevano imparato a leggere le milioni di parole di cui erano composti i tuoi post senza batter ciglio.
Sai a volte mi era capitato di entrare velocemente nel mio blog e vedere che avevi postato , se andavo di fretta mi dicevo: meglio non aprirlo sarà come al solito una valanga di parole, meglio rimandare l'apertura a dopo, altrimenti mi perdo nella lettura e addio a ciò che dovevo fare, si perchè quel tizio ha la capacità di tenerti legata al monitor fino a leggere l'ultima virgola.
Ah, qua invece stiamo con la neve, quindi mal di gola, tosse e raffreddore. Io sostanzialmente sto sempre in modalità eremitica e appartata, a dispetto di certi post più o meno effervescenti.
EliminaRobe da scrivere ne ho sempre in mente tante (ho da parte decine di tracce, che poi finisco col seppellire sotto altre e così via). Spesso, semplicemente, lascio perdere e faccio altro. Il mio rapporto col blog muta e evolve piano piano, come qualsiasi esperienza. Prima commentavo di più, poi ho iniziato a girare la blogosfera sempre meno, poi anche a scrivere meno. Magari in futuro farò il percorso inverso, chi può dirlo. Per me il blog è una roba che sta lì, se sento l'esigenza e il piacere magari faccio due post in due giorni, altrimenti niente per molti giorni. Al punto che non mi pongo nemmeno il problema di "chiuderlo": ogni post per me è l'ultimo e il blog sta lì, senza aspettative. Quando mi viene lo sghiribizzo e il piacere di scrivere, lo faccio. Lo stesso discorso vale per la varietà dei temi trattati (come detto nella pagina "Contenuti"): magari faccio due post di fila di ricette, poi tre su epitaffi, poi quattro demenziali, poi uno introspettivo... come viene viene.
Poi, va da sé, a volte per non perdere per strada dei lettori occorrerebbe aggiornare con regolarità ecc. ma anche questo per me fa parte di una naturale conseguenza del mio modo di rapportarmi col blog. D'altronde, scrivo soprattutto per mio piacere, per fissare per iscritto alcuni concetti e disegnare alcune "scenette", soddisfazione che mi appaga, prima ancora del se e del quanto sono letto.
Grazie lillina, per le parole di apprezzamento e affetto.
Ciao
ps: potevo anche dirti che sono stato a Londra una settimana a seviziare con baci al pizzo le guanciotte di Nefeli, e che mi sono ammalato girando sotto la pioggia a fare il turista. Ma sarebbe stata risposta troppo sbrigativa e scandalosamente poco prolissa :D
Del resto, penso sia una coincidenza poco rilevante, che non muta la tendenza del momento. Anche restando qua, sono da "postatura tiepida". Poi magari da domani mi riarrovento, o mi congelo del tutto fino al prossimo disgelo. Boh, io queste perplessità non me le pongo. Alla prossima ;)