Propongo alla mia amica di battezzarli Cip e Ciop. Ciop il
più grosso, con quella “o” in più a simboleggiare il maggior volume del pulcino.
Già, perché Cip, come accade spesso nelle nidiate, rimane più piccolo ed
esposto a un circolo vizioso. Ciop è più grosso, più forte, si impone e fa il
prepotente; quando la mamma si affaccia sull’apertura del nido, di ritorno
dalla caccia, e lascia cadere il cibo all’interno, Ciop spintona via Cip,
pasteggia per primo, si ingozza. Cip resta tenuto indietro dal culone del
fratello (che non so immaginarmela una sorella maggiore così stronza), pigola,
spinge, ma niente, è escluso dalla pappa, può solo sperare che avanzi qualcosa
o che possa sottrarre qualche bocconcino di straforo.
Io li odio i prepotenti, detesto i soprusi, odio tutti
quelli che si impongono sberciando, sputando rabbia, ingannando, calpestando e spintonando, odio Ciop, gli
auguro di sporgersi dal nido e di precipitare di sotto, gli auguro di ingoiare
un lombrico lassativo e radioattivo, gli auguro gli vada tutto di traverso a
quel piccolo egoista. Tutti i nostri due cuori sono per Cip, io comincio quasi
a convincermi che Cip sia la la sorellina, che ci vorrebbe una legge tipo
“allocchicidio”, che preveda la defenestrazione per i Ciop maneschi.
Per fortuna Cippo sta crescendo pure lui, nonostante tutto. Si vede che le preghiere non servono, ma le maledizioni a volte aiutano, almeno per ora. |
Intanto Cip e Ciop diventano Cippo e Cioppo, che suona più
pop-corn, perché lo strampalato affetto
dei due umani nei loro confronti lievita, così come lievitano i due pigolanti
gomitoli di piumino. Mamma Anacleta va e viene dalle sortite predatorie, si
appollaia e lascia cadere il cibo di sotto, e l’ingiustizia della sperequazione
si ripete. Mi esaspera tanta indifferenza: ma è possibile che non veda la
scorrettezza che si consuma là sotto? E se lo vede, perché non interviene a
dare una generosa dose di sculacciate a Cioppo, usando l’ala a battipanni? Che
madre snaturata e insensibile!
Mi dà un senso di impotenza essere spettatore di quel Cioppo
che schiaccia Cippo contro la parete del nido quasi a soffocarlo,
immobilizzandolo, per farci ciò che vuole. Che strazio guardare Cippo che fissa
la telecamera, mentre Cioppo lo pigia. Chatto alla mia amica che dovrebbero
munire le telecamere di un marchingegno per poter somministrare scariche
elettrice da tastiera! Così poi vede quell’energumeno di Cioppo che belle
saette sul culo gli rifilo ogni volta che rompe le balle al più piccolo Cippo.
Ci penso, e mi rendo conto che dentro quel tronco non manca
nulla, anzi c’è già qualcosa di troppo: la telecamera. Quell’occhio freddo
porta dentro il nido degli sguardi intrusi, con tutto il loro fardello di
preconcetti e sensibilità antropiche. È quella pietas degli umani, sovente
rafforzata dalle disposizioni di un Dio fatto a nostra immagine e somiglianza,
perfettamente adatto a soddisfare e placare le irrequiete angosce della maggior
parte dei suoi creatori.
Ma lì, dentro quel tronco di un albero nella foresta
dell’Estonia, il potente Dio dell’Uomo è un perfetto Nulla Estraneo,
ininfluente. Se, per poter esistere meglio e trovare facile giustificazione ai
propri drammi, gli allocchi avessero un loro dio, sarebbe anch’esso a loro
immagine e somiglianza. La legge degli allocchi ha come direttiva primaria la
sopravvivenza della specie. Mamma allocca, contemplando l’infantile lotta per
la sopravvivenza, starà pensando: “Oh grazie, potente dio degli Allocchi, per
aver esaudito la mia preghiera di perpetuare la stirpe degli allocchi del
grande albero d’Estonia! Grazie per avermi dato un figlio in grado di crescere
forte e robusto, per competere e primeggiare, per affrontare ad ali spiegate le
fredde avversità della sopravvivenza! Grazie, benevolo e generoso dio degli
Allocchi.”
Questo penserebbe, un allocco, ma non ha bisogno di
pensarlo. L’allocco è già figlio di un dio, chiamato Natura, la qual
divinità non fa mai nulla di “innaturale”; soltanto noi umani pretendiamo, con
la supponenza antropocentrica che sempre ci contraddistingue, di vederla
snaturata, proprio lei che è ontologicamente naturale. La Natura è Matrigna
soltanto per coloro che vi affondano lo sguardo pretendendo di trovare tracce
di ciò che la Natura non contiene. La Natura non cerca giustificazioni, quelle
le cerchiamo noi: se il Destino, sotto forma di un grasso vermetto, fosse
finito inizialmente nel gozzo di Cippo, ora starebbe lui a recitare la parte
del cattivo, prevaricando Cioppo. La Natura non conosce la pietà, ma non
conosce nemmeno l’ipocrisia. Se Cippo non avrà cibo a sufficienza, significa
che la zona di caccia di Anacleta non è in grado di garantire l’alimentazione
di due voraci allocchetti. A che serve dare false illusioni di crescita a due
allocchi, soltanto per rimandarne la morte per fame di uno dei due? A differenza
nostra, la Natura non inganna, spietata per necessità mai sadica per diletto, sceglie
il minor danno immediato anziché il maggior dolore procrastinato, non dà false
speranze, non cerca lusinghe, non fa calcoli.
Noi umani invece siamo bravi a fare calcoli, possediamo un’intelligenza
che produce tecnologia, creiamo strumenti per incidere il mondo, ben più in
profondità di quanto possano il becco e il cervellino di un rapace. Ma adoriamo
anche l’ipocrisia, la celebriamo sugli altari dei nostri buoni propositi,
deleghiamo alla pietà del Fato ciò che non sappiamo affrontare, rimandiamo nell’aldilà
della vita quello che non vogliamo vedere. È la nostra intelligenza, con i
sofismi artificiali che sa costruire, a renderci innaturali, la “natura umana”
tende all’artifizio. Così, abbiamo tante telecamere tutto intorno a noi,
vediamo e contempliamo da ogni angolatura, gli occhi dei satelliti scrutano
ogni tronco del mondo, ogni stelo d’erba. Avremmo i mezzi tecnici e le risorse
per intervenire. Per incidere e mutare i destini della stirpe umana, tutta.
Ma Anacleta, Cippo e Cioppo sono meno bestie di noi; di noi
più rapaci di loro. Fame,
violenza, soprusi, ingiustizie, tutte evidenti piaghe nostre, spesso frutto di artificiale calcolo: le contempliamo con
l’occhio freddo di una telecamera, e nulla più, manco fossero degli accadimenti
naturali, ineluttabili e divini.
Come
degli allocchi, appunto.
K.
La radice del male dell'uomo è la brama di potere per poter rendere, di fatto, schiavi altri uomini.
RispondiEliminaUn'arroganza infinita cha fa dire ai potenti di decidere, della vita (e della morte) degli altri uomini, in nome di Dio. Mentre nulla di tutto ciò è riconducibile a Dio stesso, anzi è proprio l'inverso. Ma siccome l'umanità (e non solo gli Ebrei) è di "dura cervice" e quindi, ogni tanto ha bisogno di una raddrizzata...
Quando la collera di Dio si risveglia, persino il potente cadrà.
Ben fatto Kisciotte. Ma come mai puoi posare il tuo occhio indiscreto dentro quel nido? È una cosa bella che mi incuriosisce.
RispondiEliminaPer soddisfare la tua curiosità devi cliccare sul link nella didascalia della foto. Sarai catapultata attraverso l'alloccogate direttamente faccia a faccia con Cippo e Cioppo. Poi, andando in homepage e cliccando sopra la foto della cicogna, potrai curiosare anche in nidi di altri rapaci, tutti osservati speciali di telecamere collocate sul territorio estone. Penso lo facciano per sensibilizzare la gente sulla vita che si svolge nei parchi naturali.
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