Non mi fa pena Gheddafi.
Non mi fanno mai pena i dittatori assassini.
Essi non hanno avuto pietà per quelli che hanno ucciso.
Io ho il dovere di non concedergliela, la pietà.
Prima ancora che il diritto.
Il dovere, per rispetto a chi non c’è più.
Magari umiliato, calunniato, torturato, ucciso, e non c’è più.
Non mi fa pena Gheddafi, però in queste settimane sento le notizie che si rincorrono, che sembrava cosa fatta una volta presa Tripoli, e invece sono passate settimane e le notizie dicono che Sirte resiste, altre città si oppongono ai liberatori, il Colonnello si è rifugiato dai Tuareg.
Non mi fa pena, neanche un po’, come non me la fece Saddam Hussein, come non me la fece Osama Bin Laden.
Eppure provo un senso di pena.
Pena per il solito gioco lurido che si rinnova.
Pena per quell’occidente che forse tanto colto e civile proprio non è.
È l’ennesimo teatrino dei perbene che si credono buoni, buoni soltanto a consegnare i "pacchi" della cultura e della civiltà lanciandoli col paracadute, frammisti a bombe e contratti commerciali.
Quando i buoni lasceranno l’Afghanistan, resterà soltanto il dubbio se Hamid Karzai sarà un cadavere che cammina ancora per qualche giorno o per qualche settimana. Perché democrazia e diritti civili non si possono imporre con la forza.
Imporreste voi a un fiore di sbocciare puntandogli contro una pistola?
Pensereste voi di far spuntare fili d’erba innaffiando il cemento armato?
Perché il terreno va preparato con cura, pazienza, rispetto, negli anni, nei secoli, nella storia.
Le culture sono terreni seminati a uomini.
Nessun seme attecchisce nel terreno inospitale.
E ogni seme vuole il suo terreno.
A me fa pena constatare che ci fa comodo ricadere negli stessi errori da ipocriti opulenti.
Costa troppo sacrificio mettersi a disposizione, ascoltare, rispettare gli usi e costumi di altri popoli.
Che poi non sono popoli; sono gente, sono persone, sono semi come noi, soltanto caduti sull'altra sponda per un capriccio del vento.
Siamo troppo arroganti per lasciarci penetrare dal dubbio che il nostro quadrante europeo sia soltanto un pezzetto di risiko risibile e non il migliore dei mondi possibili.
Arroganti e paurosi che il dubbio si riveli certezza.
Ci costerebbe troppo dolore strapparci di dosso la corazza dei conquistadores. Ormai si è appiccicata alla nostra pelle, è tutt’uno con la nostra carne, con i nostri neuroni.
Siamo dei terminator che si spacciano per robocop per poter credere di avere ancora qualcosa di umano.
E allora che soffrano loro, loro ignoranti e ingrati, che non sanno apprezzare i nostri bombardamenti per dissodare il cemento armato di secoli di zolle incolte e abbandonate. Rese sterili da noi, che abbiamo succhiato avidi ogni goccia, di vita, di petrolio, di risorse, di rispetto, di cultura, di dignità, di libertà di scelta.
Non mi fa pena Gheddafi.
Mi fa pena vedere i buoni in abiti eleganti saltare sul carro degli straccioni per gridare insieme "a morte il cattivone", autografando foto di gruppo e diritti d'estrazione.
Soltanto ora ci decidiamo, dopo che per quarant’anni a tutti è andato bene baciare mani e culo al rais.
Perché noi siamo perbene, irreprensibili anche nelle tempistiche
Mi fa pena che si riduca tutto alle solite ovvietà del mio mondo penoso: cultura e civiltà nostre da esportare, per donarle noi buoni e magnanimi a loro sfigati e ignoranti.
Invece dovremmo documentarci sulla secolare organizzazione tribale della Libia, sulle antiche rivalità tra Cirenaica e Tripolitania, sul fatto che i talebani sono una nostra invenzione, meditare sul fatto che se le cose non andranno come prevedono gli occidentali, è perché lì c’è o avrebbe il diritto di germogliare, una cultura da rispettare, differente dalla nostra.
C’è un humus, un terreno sociale che vuole altre essenze, altre sementi, e se i nostri semi non vanno bene non significa che da loro ci sia il cemento armato.
Non mi fa pena il Colonnello, nemmeno quando fugge braccato su un super suv donatogli da Sarkozy che fa il bagno di folla tra gli insorti; nemmeno se Frattini e il suo padrone gli danno il benservito, come due cani bastardi e infedeli, ora che leccargli il culo si è fatto sconveniente.
Non mi fa pena nemmeno se è l'ennesimo maiale sacrificale sull'altare del nostro Perbenismo.
Non mi fa pena nemmeno se è l'ennesimo maiale sacrificale sull'altare del nostro Perbenismo.
Non mi fa pena Gheddafi difeso dalle tribù fedeli, non me ne farà mai.
Ma io, membro della grande tribù dei buoni e dei giusti, del civile occidente faro di cultura, io della Grande Tribù che fa le cose Perbene, io un po’ di pena me la faccio.
Senza diritto di compassione.
Senza diritto di compassione.
K.
Grande K! usi la penna (vabbè la tastiera, ma è meno poetico) usi la penna, ripeto, come una spada.
RispondiEliminaMi torna in mente un verso di una bellissima canzone di Guccini, Cyrano, che recita:"infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio perchè con questa spada vi uccido quando voglio."
E comunque nella storia che si sta ancora una volta scrivendo in Libia gli Italiani, noi Italiani, ahimè, non stiamo neppure nel gruppone degli occidentali che fanno pena.
RispondiEliminaNoi stiamo diversi gradini sotto alla pena.
@MaiMaturo: grazie della segnalazione musicale, l'ascolterò senz'altro. Cerco di usare le stesse parole che uso nella vita reale. Senza finzione, ma anche senza dimenticare che comunque sto solo dicendo parole.
RispondiElimina@Hombre: hai ragione, alla nostra tribù spesso manca anche il coraggio di farsi additare come stronzi. Chiamiamo buonismo la vigliaccheria, ci piace ingannarci nella comoda balla di "Italiani, brava gente". Siamo stati e siamo schifosi quanto gli altri, però negando di esserlo. Da diversi gradini sotto.
Sei così bravo da rendere superflua la sezione commenti.
RispondiEliminaNon illuderti però, è che ultimamente sono stato troppo critico nei tuo confronti, volevo rimediare.
Questa volta anche più stringato rispetto ai tuoi standard.
Insomma, posso mai chiedere di meglio?
Ce l'ho già.
@Josef K.: la tua maestria nel medicare le ferite con sale e aceto mi farà risparmiare i soldi del viaggio fino a Stoccolma per comprenderne la Sindrome.
RispondiEliminaUn attento lettore che sa cogliere anche le sfumature di stringatezza comparata.
Ho già il mio Lucano.
Quando i buoni lasceranno l'Afghanistan karzai li seguirà con i soldini che in questi anni ha messo da parte nelle nostre civilissime banche.
RispondiEliminaCiao
@Giovanni: mi piace sperare che perda l'aereo
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